senza lingua

Chiamateli “incompetenti”, “superficiali”… e avrete sottostimato la portata delle loro decisioni politiche.

Nel Decreto impropriamente definito “Sicurezza”, anche il taglio all’insegnamento dell’italiano agli immigrati, se non a quelli sotto protezione internazionale. Il che significa che ogni bambino o bambina, ragazzino o ragazzina, uomo o donna, espulso dal proprio paese dalla miseria, dalla guerra o dal bisogno viscerale di vivere meglio, dovrà tenere in mano un documento in cui si attesti che si è già titolari di “protezione internazionale”. Un passaggio burocratico, che vuoi che sia.

Meno male che esista la Cosa Pubblica ancora degna di rispetto: in Sardegna, ad esempio, vengono promossi dalla Regione i corsi per adulti. In tutta Italia ci sono corsi gratuiti, seppure affidati al volontariato.

Le associazioni del mondo della scuola si sono riunite nel movimento SaltaMuri,  che difende e diffonde “il valore della lingua non solo per comunicare ma anche per costruire la realtà sociale.”

Chi ha pensato, scritto, sottoscritto quel decreto sa benissimo che la lingua rende uomini, rende cittadini, fa le persone consapevoli. Senza aver letto Don Milani, De Mauro, e nemmeno la Costituzione, pensate un po’.

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Dal libro “La grande fabbrica delle parole”, di A. de Lestrade con illustrazioni di V. Locampo. 

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